Valloni belgi contro tutti

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Immagine turistica della Vallonia, che ha bloccato l'intesa Ue-Canada

Una piccola regione di un piccolo paese può bloccare un trattato che interessa cinquecentosette milioni di persone. Succede anche questo in una Europa dove la capacità di parlare a una sola voce appare sempre più lontana e irraggiungibile. Il trattato di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada dovrebbe essere sottoscritto tra pochi giorni, esattamente giovedì prossimo 27 ottobre, ma è necessaria la ratifica dei singoli governi e del parlamento europeo. L’intesa è stata raggiunta: manca solo quella del Belgio; che però deve acquisire il consenso delle amministrazioni federali presenti nel regno. Sono tutte d’accordo, meno una: la Vallonia. E qui è l’intoppo, in quanto vi è la opposizione manifestata ieri dal premier di questa comunità Paul Magnette in un intervento parlamentare. Se questa presa di posizione fosse confermata, risulterebbe vanificato il summit tra la Ue e il paese nordamericano.

Il Ceta, così si chiama il trattato, aumenterebbe del 20 per cento il volume degli scambi commerciali tra il nostro continente e il Canada. Tre milioni e mezzo di persone, attraverso i loro rappresentanti, l’uno per cento di tutte le popolazioni interessate, possono bloccarne le legittime attese. Il ministro del commercio canadese Chrystia Freeland non ha potuto che prendere atto della incapacità della Unione europea, ancora sotto choc per la Brexit, di raggiungere l’accordo di libero scambio, che allo stato viene compromesso, anche se in prospettiva potrebbe essere recuperato. Il danno per la economia è evidente, ma non sembra che a Bruxelles emerga una particolare attenzione per gli aspetti istituzionali che andrebbero aggiornati per assicurare il rispetto della volontà maggioritaria. Il dibattito è concentrato sui rapporti contabili interni e i problemi di fondo vengono elusi come sempre.

N° 44 sabato 22 ottobre 2016