Tutto lascia pensare, stando ai fatti, che la struttura sanitaria fosse impreparata a fronteggiare l’ultimo virus, pur scontando al massimo, per onestà intellettuale, le sue imprevedibili novità.
Ma, doveroso sottolinearlo, l’impreparazione appare la diretta conseguenza istituzionale di aver posto, per Costituzione, la sanità pubblica in mano della politica, anziché dei medici, dei tecnici della salute, degli scienziati del ramo. La regionalizzazione della sanità pubblica ha prodotto pure un risultato che contraddice l’essenza stessa del servizio pubblico, basata sui principi di eguaglianza, generalità, gratuità. Gli ammalati, cittadini uguali davanti alla legge, anche nell’epidemia sono trattati diversamente a seconda della regione di residenza. Il potere politico regionale ha indirizzato, con provvedimenti contraddittori, persino i metodi diagnostici e terapeutici. È doloroso quanto istruttivo notare che, mentre i sanitari, anche senza equipaggiamenti come soldati disarmati al fronte, erano curvi sui malati a prezzo della vita, intorno a loro il mondo dell’assistenza girava in forme non proprio ordinate e studiate. Il genio italico dell’improvvisazione ha dovuto sopperire eccome, per fortuna degli assistiti.
Ma le sconcertanti vicende dei tamponi e delle mascherine assurgono a metafore dello sbando istituzionale e politico del Governo e delle Regioni. Ripeto: pur scontando al massimo, per onestà intellettuale, tutte le imprevedibili novità dell’epidemia. Vergognosamente discriminatoria, la vicenda dei tamponi e dei test sierologici è stata condotta dallo Stato e dalle Regioni in modi che rasentano l’attentato alla salute degli abbandonati piuttosto che l’assicurazione diagnostica per tutti. Pur nella confusione dei pareri scientifici, persino discrepanti circa il se e il quando farli, e a quanti, pare incontestabile, nonché evidente anche ai profani, che in un’epidemia virulenta (è il caso di dire) la caccia ai contagiati asintomatici è forse addirittura indifferibile quanto la cura degli infettati ammalati. Anche qui: scontando al massimo le imprevedibili difficoltà iniziali, resta il fatto che dopo tre mesi non sappiamo ancora perché i tamponi e i test sierologici non vengano fatti a tappeto. Continuano a mancare? Mancano i soldi? Mancano quelli sicuri? Mancano le validazioni? Ma soprattutto resta il fatto drammatico e colpevole che, per tali mancanze, migliaia di persone non sono state diagnosticate e forse sono perciò morte.
Inoltre, non costituisce pregiudiziale avversione alla gestione politica della crisi la condanna di quell’autentica pochade inscenata sulle mascherine. Prima facoltative, poi obbligatorie, poi ancora a piacere, poi dove sì, dove no, infine obbligatorie per tutti, se vicini. Con decisione politica, proclamata «antiliberista» (sic!), il benintenzionato ma sprovveduto Commissario all’emergenza ne ha calmierato il prezzo, mettendo inevitabilmente fuori mercato gl’imprenditori nazionali appena riconvertiti alla produzione, a vantaggio degli stranieri. E, ancora inevitabilmente, riducendo l’offerta del prodotto. Purtroppo, l’editto di Diocleziano sui prezzi e il Manzoni dell’assalto ai forni continuano a non insegnare niente agl’infatuati del dirigismo.
Pietro Di Muccio de Quattro
Dal quotidiano L’Opinione delle Libertà di mercoledì 13 maggio 2020
Nella foto: Alessandro Manzoni