L’ha detto molto bene il professor Tremonti: un’autentica follia pensare al Mes quale strumento di aiuto. Per due ovvie ragioni: in primo luogo l’Italia non sarebbe mai capace di spendere in due anni quella cifra (37 miliardi) nel settore sanitario e, in secondo luogo, non sarebbe nemmeno ipotizzabile una restituzione del prestito a cominciare dal terzo anno. E si è mai visto un creditore che rinuncia a impicciarsi dell’uso fatto del prestito da parte del debitore? Quindi i 37 miliardi del Mes – ente interstatuale non comunitario, meglio ricordarlo – senza «condizionalità», come oggi usano dire gli europeisti a oltranza, è cosa insensata. Ma allora si capisce come mai i «rigoristi» nordeuropei, Germania e satelliti vari, abbiano tanto insistito perché si accogliesse dagli «spendaccioni» sudisti quella proposta. Trattasi di preordinata anticamera per la trojka! Giusto – sia chiaro – che il creditore controlli il debitore, meno giusto raccontare favole e nascondere con una buona dose di malafede la realtà.
Né va trascurata la sequenza delle date che hanno punteggiato gli incontri europei a riprova della sollecitudine che sembra animare lo spirito comunitario dell’Europa nella tragedia epocale della pandemia. Dunque il 13 febbraio si riuniscono, per iniziativa del ministro Speranza, i ministri europei della salute. Che magari si saranno accorti come qualche cosa stesse succedendo nel vecchio continente. Il 25 marzo si riunisce l’eurogruppo per discutere – parrebbe – di interventi a sostegno dell’economia. Si replica il 7 aprile e poi ancora il 9.
Si rimette la questione al consiglio europeo del 23 aprile che dà mandato a von der Leyen (la presidente della commissione nota per solidarietà verbali della serie «siamo tutti italiani» che hanno il pregio indubbio di non costare nulla) di preparare una proposta attorno al cosiddetto Recovery fund, l’unica iniziativa di ispirazione comunitaria. Da notare – a beneficio di quanti potrebbero essere tentati di ricordare, al riguardo, anche l’impegno comunitario della Bce nell’acquisto di titoli – che quella scelta fu opera di Draghi, allo scopo di difendere l’euro «whatever it takes», in tempi ben lontani dal coronavirus.
Ma torniamo alla sequenza delle date: in un primo tempo la presentazione della proposta di von der Leyen è fissata per il prossimo 6 maggio, ma è poi slittata al 12. Chissà se a quella data potrà avviarsi la discussione che non pare prospettarsi semplice e rapida. Ciò che sarebbe nei voti contando qualcosa, in materia economica, la tempestività delle decisioni e dei conseguenti interventi!
Tre mesi sono trascorsi dal primo tentativo di saggiare la volontà dell’Europa nella crisi economica che si annuncia drammatica e non solo per l’Italia. Ma lorsignori a Bruxelles prendono tempo, riflettono, chiacchierano, si consultano, ipotizzano: animati tutti, beninteso, da sincera solidarietà comunitaria. Anche se giungono fecondi fermenti di dubbio sulla costruzione europea provenienti da Karlsruhe!
Giovanni Corradini
Nella foto: Mario Draghi