Più no che sì

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Alle ragioni del No, esposte in questi giorni da svariati commentatori, desidero aggiungere quest’altre, dal mio punto di vista,

La prima. Molti sprovveduti, persino direttori di giornali, si sono spinti a sostenere che l’eliminazione di un terzo dei parlamentari debba considerarsi addirittura indispensabile per avvicinare le camere agli standard di produttività degni di un moderno parlamento. Questa pseudo argomentazione è semplicemente falsa in fatto e in diritto. Il nostro parlamento è forse il più prolifico del mondo intero. Produce una quantità impressionante di leggi, leggine, leggi-provvedimento e persino leggi ad personam. Il diluvio della legislazione viene costantemente deprecato proprio da quelli, ma non solo, che oggi invocano un parlamento rimpicciolito per modo che, accelerando, possa approvare ancora più leggi ancora più presto. Gli sprovveduti sono persuasi, a torto, che il parlamento sia tanto migliore quanto più efficiente nell’approvare leggi. Ma sbagliano di grosso non solo perché il parlamento attuale ci riesce purtroppo benissimo, ma anche perché il parlamento né è né deve essere una catena di montaggio la cui efficienza debba basarsi su una sorta di taylorismo normativo.

La seconda. Il «parlamento amputato» (così mi piace chiamarlo e invito a chiamarlo!) concentrerebbe i poteri legislativi e di controllo in un numero notevolmente inferiore di mani. Se la sovranità popolare, esercitata nella forma rappresentativa, confluisse in un organo di tanto ristretto, accadrebbe questo paradosso: le funzioni parlamentari specifiche incontrerebbero maggiori difficoltà nello svolgimento ordinario, mentre ne sarebbero incentivati i modi dannosi e pericolosi di esercizio. Esempio, la sede legislativa/deliberante delle commissioni. Insomma, detto in breve, il «parlamento amputato» aumenterebbe i difetti del parlamentarismo attuale e ne diminuirebbe i pregi. Un autolesionistico risultato, tanto deprecabile quanto incontestabile, che i benintenzionati amputatori non devono aver valutato.

La terza. Il potere corrompe e il potere assoluto corrompe in modo assoluto, hanno insegnato i classici della politica. Il «parlamento amputato» accentuerebbe certi caratteri di pericolosità insiti nella rappresentanza ristretta, che saranno vieppiù accentuati dalla legge elettorale che paventiamo: una proporzionale con soglia di sbarramento e liste bloccate. In sostanza, un parlamento autocratico. Il «parlamento amputato» appare fin d’ora come un esperimento di genetica istituzionale realizzato in un laboratorio politico impazzito, un mostro al comando dei partiti così come sono, anziché aggiogato al popolo in comando, se la democrazia continua ad avere un senso. Elettrici ed elettori faranno bene a votare No al «parlamento amputato» se non desiderano automutilarsi. Sono millantatori quelli che hanno voluto l’amputazione per becero antiparlamentarismo e presunta economicità. Di più, costoro nel profondo vagheggiano la maggioranza assoluta, convinti di stravincere e così asservire un parlamento immeschinito e impaurito e manipolabile per realizzare le loro distruttive politiche.

La quarta. Non è la prima volta nella storia che una classe politica trascina alla rovina l’istituzione che incarna. Nel caso del «parlamento amputato» non mancano i connotati del fratricidio perché chi ha perpetrato l’amputazione dei parlamentari stupidamente conniventi non la subirà, mentre assumerà vieppiù il controllo dei riammessi in parlamento soprattutto per la benevolenza di candidarli.

Concludendo, il voto avrà effetti profondi e duraturi sulla vita politica. Il parlamento, che il popolo già oggi sente lontano, si allontanerà sempre più, inevitabilmente. Poniamoci la domanda cruciale: possiamo davvero credere che una riforma che ci sottrae un potere costituzionale sia fatta per il nostro bene?

Pietro Di Muccio de Quattro

Dal quotidiano Il dubbio di martedì 25 agosto 2020

Nella foto: il transatlantico di Montecitorio