Lo sfregio

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Oggi ricorrono due secoli e trentun anni dall’evento culminante della rivoluzione francese. A Parigi si discute sulla influenza che la première dame Brigitte potrebbe esercitare sul capo dello stato Emmanuel Macron che puntando alla rielezione sposta a destra il suo asse politico dopo i disastrosi risultati della République en marche, il partito da lui fondato per la vittoriosa scalata all’Eliseo oggi fortemente compromessa. Si ricorda la signora di Pompadour, a cui si fanno risalire importanti scelte strategiche di Luigi XV come il rovesciamento delle alleanze che condusse la Francia a fianco del Sacro romano impero asburgico. Guardando all’altra sponda atlantica, più che a Hillary Clinton che volle ritagliarsi un ruolo autonomo, il pensiero va a Michelle Obama, molto vicina al marito magistralmente presentato come un uomo di famiglia.

La ville lumière e la città eterna hanno una donna come sindaco: la socialista Anne Hidalgo, che a dispetto dei più infausti pronostici ha ottenuto di nuovo la fiducia degli elettori, e la pentastellata Virginia Raggi, precipitata ai minimi storici nel gradimento popolare e tuttavia proiettata nelle migliori intenzioni verso un altro successo. In suo sostegno interviene ora il fondatore del movimento Beppe Grillo, che si affida alla penna di tale Franco Ferrari per rivolgere alla gente di Roma un veemente appello in difesa della prima cittadina. Il guaio è che si parte con il piede sbagliato sfregiando ancora una volta il dialetto con improponibili espressioni tutt’affatto prive di un accettabile costrutto lessicale e ortografico. A parte la definizione di sonetto, che da Jacopo da Lentini in poi è ben altra cosa, la ferita linguistica è imperdonabile e rischia di trasformarsi in un colpo di grazia.

Lillo S. Bruccoleri

Nella foto: Virginia Raggi

Dal Rugantino di martedì 14 luglio 2020