Mentre si attende che la nostra corte costituzionale renda nota la sua decisione sulla legge elettorale, la corte di giustizia britannica ha deciso in via definitiva che non basta il referendum a sancire la Brexit: l’uscita del Regno Unito dalla Unione europea dovrà essere ratificata dalle due assemblee parlamentari: camera dei comuni e camera dei lords.
Il presidente David Neuberger ha dichiarato che il governo non può invocare l’articolo 50 del trattato di Lisbona, che fissa la procedura per lasciare volontariamente la Ue, senza l’approvazione del parlamento, perché altrimenti si consumerebbe una violazione della costituzione rispettata da secoli.
Non c’è via di ritorno, ha sostenuto il ministro David Davis, che nel prendere atto del principio affermato dalla corte ha annunciato che il governo presenterà entro pochi giorni un atto parlamentare il più semplice possibile. Il primo ministro Theresa May, pur dicendosi delusa essendo sfumata la possibilità di avvalersi della prerogativa reale saltando il passaggio per Westminster, non si lascia scoraggiare e ribadisce che intende rispettare la tabella di marcia per uscire rapidamente dall’Unione.
Nonostante i deputati siano in maggioranza contrari alla Brexit, è improbabile che il parlamento smentisca la volontà popolare espressa con il voto; lo stesso discorso vale per la camera alta, sulla quale pende la minaccia di iniziative legislative che il governo potrebbe propiziare per ridurne ruolo e funzioni. Da noi il problema non si è posto avendo il senato supinamente accettato di autoesautorarsi come voluto dal governo, che però è stato smentito, come tutti sappiamo, dal voto popolare in modo chiaro e netto.
N°136 mercoledì 25 gennaio 2017