Prima televisiva per Gentiloni

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Fabio Fazio intrattiene il presidente del consiglio su argomenti di varia attualità

Felicemente tornato in buona salute senza nemmeno bisogno di un periodo di convalescenza, Paolo Gentiloni Silveri si è concesso agli studi televisivi che ha calcato per la prima volta in veste di premier a poco più di un mese dall’insediamento del suo governo. Ha scelto il salotto di Fabio Fazio sulla terza rete televisiva e ha spaziato su argomenti di varia attualità.

         Tra le priorità del governo ha subito indicato l’emergenza nel Centro Italia, sostenendo la necessità di conferire poteri straordinari alla protezione civile e al commissario per la ricostruzione Vasco Errani. Ha spiegato che la paura di quelle popolazioni è che l’emergenza diventi cronica, mentre bisogna dare un segnale forte e chiaro ai cittadini tra i quali si è diffusa la disperazione. Abbiamo un doppio nemico: la lentezza e la corruzione; ma occorre evitare la ricerca di un giustiziere e di un capro espiatorio. Può affermarsi con orgoglio che noi abbiamo un sistema di protezione civile che ben può classificarsi tra i migliori del mondo.

         La situazione economica e i rapporti con l’Unione europea hanno formato oggetto di specifiche considerazioni. Il premier ha sostenuto che la rigidità sugli zerovirgola non ha senso e che si deve trovare una soluzione che non deprima la crescita ma aiuti a crescere. Le risorse devono comunque essere ricercate senza penalizzare le fasce più deboli della popolazione: in questo senso sarebbe scandaloso intaccare le pensioni di poche centinaia di euro.

         L’insediamento della nuova amministrazione americana non poteva sfuggire a una precisa disamina e Gentiloni non si è sottratto al tema. «Abbiamo lavorato con Kennedy e con Nixon, con Bush e con Obama», ha affermato, «lavoreremo anche con Trump, ma abbiamo dei valori nei quali noi, come governo italiano ed Europa, ci riconosciamo e ai quali non rinunceremo». Ed ha aggiunto: «Per noi il protezionismo non è una soluzione, per noi l’immigrato e il diverso devono certamente accettare regole ma devono essere accolti, non semplicemente respinti. Per noi la società aperta è un valore: è paradossale che a Davos ne parlasse il presidente cinese dato che la Cina non è un modello da questo punto di vista. Noi europei, Trump o non Trump, abbiamo questi valori e li dobbiamo difendere».

         Tre sono gli obiettivi su cui lavorare: interventi per chi è danneggiato dalla globalizzazione, tra i quali rientra il reddito di inclusione; misure per la ripresa spaziando dalla giustizia alla concorrenza; il lavoro, dedicando l’attenzione soprattutto ai giovani e al meridione. Il premier ha notato: «Lo stato sociale è una caratteristica del futuro, non un relitto del passato. Noi abbiamo bisogno di efficienza e capacità delle strutture pubbliche, ma questo stato sociale ha a che fare con un modo di lavorare e di vivere diverso da quando ero ragazzo; abbiamo a che fare con una realtà più mobile». La conclusione: «L’Italia non parte troppo indietro. Non abbiamo, in generale, una cattiva scuola.

 

N°134 lunedì 23 gennaio 2017