Il bene comune

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Quando Togliatti nel 1944 fece ritorno in Italia, alcuni dirigenti del Pci chiesero di porre subito la questione istituzionale per passare senza indugio dalla monarchia alla repubblica. Specie in quel periodo, si può immaginare quali fossero le… «affinità» tra comunisti e monarchia, complice e facilitatrice dei misfatti del fascismo. Eppure Togliatti pose in primo luogo il perseguimento dell’obiettivo principale, la cacciata dei nazisti dall’Italia da raggiungere tutti insieme. Poi si sarebbe parlato di repubblica.

Ebbene, a fronte del nemico attuale, pandemia e crisi socio-economica, è dovuto scendere in campo direttamente il capo dello stato con un richiamo alto e drammatico sulla necessità di un impegno unitario delle forze politiche  («un governo che non deve identificarsi con alcuna formula politica») nella lotta al «nemico» incombente. Le quali, di fronte a tanto pericolosa emergenza, avrebbero dovuto arrivarci anche da sole se avessero saputo conservare, come oggi suol dirsi, alla «politica» un ruolo dignitoso. Che molti, esagerando, danno per morta.

Non sarà così. Ma una bella figura non c’è stata. E sembra molto riduttivo, se non strumentale, prendersela con Renzi. Di cui non mi erigo ad avvocato difensore (il fiorentino peraltro non ne avverte alcun bisogno), ma neppure mi nascondo quanto sia riduttivo «coprire» l’inerzia con la condanna del suo movimentismo.

Non va trascurato che questo presidente della repubblica ha rispettato parlamento e forze politiche in modo assoluto, mai interferendo, anche allorquando il ricorso alla «forza normativa del fatto» da parte del presidente del consiglio ha esondato dai limiti ragionevolmente accettabili. Si è adoperato in ogni modo (fino ad attirarsi qualche rilievo) perché il parlamento (la cui rappresentatività peraltro è di fatto assai depotenziata) desse vita ai due governi Conte; perché, con paziente insistenza, si arrivasse anche al terzo. E dinanzi alla sua accorata sollecitazione c’era da aspettarsi che tutti o quasi, diciamo così… scattassero sugli attenti per il bene del paese. Sono emersi, invece, distinguo, perplessità, condizionamenti, se non palesi contrarietà dinanzi al compito affidato a Draghi.

Pare cioè che la logica miope delle contrapposizioni e della ricerca del consenso elettorale (molto supposto a questo punto) prevalga sul bene comune, primo obiettivo di una «politica» sana. Ma se non c’è ravvedimento assisteremo, al momento del voto, a qualche sorpresa a fronte di certe attese.

Giorgio Girelli

Coordinatore del Centro studi sociali «Alcide De Gasperi» (Pesaro)

Nella foto: Palmiro Togliatti