IL COMMIATO DEL PREMIER

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Matteo Renzi, François Hollande e Angela Merkel al vertice di Ventotene. La cancelliera tedesca si ricandiderà l’anno prossimo

Palazzo Chigi, lunedì 5 dicembre 2016

Oggi il popolo italiano ha parlato: ha parlato in modo inequivocabile. Ha scelto in modo chiaro e netto e credo che sia stata una grande festa per la democrazia. Le percentuali di affluenza sono state superiori a tutte le attese. È stata una festa che si è svolta in un contesto segnato da qualche polemica in campagna elettorale, ma in cui tanti cittadini si sono riavvicinati alla carta costituzionale, al manuale delle regole del gioco, e credo che questo sia molto bello, importante e significativo.

Sono orgoglioso dell’opportunità che il parlamento, su iniziativa del governo, ha dato ai cittadini di esprimersi nel merito della riforma. Viva l’Italia che non sta alla finestra ma sceglie. Viva l’Italia che partecipa e che decide. Viva l’Italia che crede nella politica.

Il no ha vinto in modo netto: ai leader del fronte del no vanno le mie congratulazioni e il mio augurio di buon lavoro nell’interesse del paese, dell’Italia e degli italiani. Questo voto consegna ai leader del fronte del no oneri e onori insieme alla grande responsabilità di cominciare dalla proposta, credo innanzitutto dalla proposta delle regole, della legge elettorale. Tocca a chi ha vinto, infatti, avanzare per primo proposte serie, concrete e credibili.

Agli amici del sì, che hanno condiviso il sogno di questa riforma, una campagna elettorale emozionante, vorrei consegnare un abbraccio forte, affettuoso, vorrei uno per uno. Ci abbiamo provato, abbiamo dato agli italiani una chance di cambiamento semplice e chiara. Ma non ce l’abbiamo fatta, non siamo riusciti a convincere la maggioranza dei nostri concittadini; abbiamo ottenuto milioni di voti, ma questi milioni di voti sono impressionanti ma insufficienti. Volevamo vincere, non partecipare, e allora mi assumo tutte le responsabilità della sconfitta e dico agli amici del sì che ho perso io, non voi.

            Chi lotta per un’idea non può perdere. Voi avevate un’idea meravigliosa, in particolare in questa stagione della vita politica europea. Volevate riavvicinare i cittadini alla cosa pubblica, combattere il populismo, semplificare il sistema e rendere più vicini cittadini e imprese. Avete fatto una campagna elettorale casa per casa, a vostre spese, senza avere nulla da chiedere ma solo da dare. Per questo voi non avete perso. Stasera andando a risposare o domani andando a lavorare sentitevi soddisfatti dell’impegno, della passione, delle idee. Intendiamoci: c’è rabbia, c’è delusione, amarezza e tristezza, ma vorrei foste fieri di voi stessi. Fare politica andando contro qualcuno è molto facile, fare politica per qualcosa è più difficile ma più bello. Siate orgogliosi di questa bellezza. Non smettete mai di pensare che si fa politica pensando che si fa politica per i propri figli e non per le alchimie dei gruppi dirigenti.

Arriverà un giorno in cui tornerete a festeggiare una vittoria e quel giorno vi ricorderete delle lacrime di questa notte. Si può perdere il referendum ma non si può perdere il buonumore. Si può perdere una battaglia ma non la fiducia che questo è il paese più bello del mondo e quella bandiera rappresenta gli ideali di civiltà, educazione e bellezza che ci fano grandi e orgogliosi della nostra civiltà. Io invece ho perso.

Nella politica italiana non perde mai nessun:, non vincono, ma non perde mai nessuno. Dopo ogni elezione resta tutto com’è. Io sono diverso: ho perso e lo dico a voce alta, anche se con il nodo in gola, perché non siamo robot. Non sono riuscito a portarvi alla vittoria. Vi prego di credermi quando vi dico che veramente ho fatto tutto quello che penso si potesse fare in questa fase. Io non credo che la politica sia il numero inaccettabile di politici che abbiamo in Italia. Io non credo che si possa continuare in un sistema in cui l’autoreferenzialità della cosa pubblica è criticata per decenni da tutti e poi al momento opportuno non venga cambiata. Ma credo nella democrazia e per questo quando uno perde non fa finta di nulla, fischiettando e andandosene sperando che tutto passi in fretta nella nottata.

Credo nell’Italia è per questo credo sia doveroso cambiarla. Nei mille giorni e nelle mille notti passati in questo palazzo le ho viste le possibilità straordinarie, uniche al mondo; ma perché queste possibilità si realizzino le uniche chance che abbiamo è scattare, non galleggiare, è credere nel futuro, non vivacchiare. La democrazia italiana di oggi si basa su un sistema parlamentare. Quando abbiamo chiesto la fiducia abbiamo chiesto di semplificare il sistema, di eliminare il bicameralismo, abbassare i costi della politica, allargare gli spazi di democrazia diretta. Questa riforma è quella che abbiamo portato al voto. Non siamo stati convincenti: mi dispiace, però andiamo via senza rimorsi, perché, se vince la democrazia e vince il no, è anche vero che abbiamo combattuto la buona battaglia con convinzione e passione.

Come era evidente e scontato dal primo giorno, l’esperienza del mio governo finisce qui. Credo che per cambiare questo sistema politico, in cui i leader sono sempre gli stessi e si scambiano gli incarichi ma non cambiano il paese, non si possa far finta che tutti rimangano incollati alle proprie consuetudini prima ancora che alle proprie poltrone.

Volevo cancellare le troppe poltrone della politica: il senato, le province, il Cnel. Non ce l’ho fatta e allora la poltrona che salta è la mia. Domani pomeriggio riunirò il consiglio dei ministri, ringrazierò i miei colleghi per la straordinaria avventura, una squadra coesa, forte e compatta, e salirò al Quirinale dove al presidente della repubblica consegnerò le mie dimissioni. Tutto il paese sa di poter contare su una guida autorevole e salda quale quella del presidente Mattarella.

In questi giorni il governo sarà al lavoro per completare l’iter di una buona legge di stabilità, che deve essere approvata al senato, e per assicurare il massimo impegno ai territori colpiti dal terremoto. Lasceremo a chi prenderà il nostro posto il prezioso progetto di Casa Italia. Come sapete vengo dall’associazionismo, dal mondo scout, e il fondatore dello scoutismo, Baden-Powell, diceva che bisogna lasciare i posti meglio di come si sono trovati. Lasciamo la guida dell’Italia con un paese che è passato dal meno 2 per cento al più 1 per cento di crescita del Pil, che ha seicentomila occupati in più con una legge, quella sul mercato del lavoro, che era attesa da anni, con un export che cresce e un deficit che cala.

Lasciamo la guida del paese con un’Italia che ha finalmente una legge sul terzo settore, sul dopo di noi, sulla cooperazione internazionale, sulla sicurezza stradale, sulle dimissioni in bianche, sull’autismo, sulle unioni civili. Una legge contro lo spreco alimentare, contro il caporalato, contro i reati ambientali. Sono leggi con l’anima, quelle di cui si è parlato di meno ma a cui tengo di più. Lasciamo infine l’Italia con un 2017 in cui saremo protagonisti in Europa a marzo con l’appuntamento di Roma per i sessanta anni dell’unione. Saremo protagonisti a Taormina a maggio per il G7. Saremo protagonisti con la presidenza del consiglio di sicurezza dell’Onu a novembre. Aver vinto le sfide organizzative dell’Expo e del giubileo non è merito del governo ma di una struttura straordinaria di professionisti a cui va la mia rinnovata gratitudine. In particolar modo alle forze dell’ordine e alle forze armate di questo paese che ho imparato a conoscere per una dedizione e una professionalità straordinaria alla bandiera e al paese. Davvero grazie.

In questa sala, infine, attenderò di salutare con amicizia istituzionale e con un grande sorriso e un abbraccio il mio successore, chiunque egli sarà. Gli consegnerò la campanella simbolo della guida del governo e tutto il lungo dossier delle cose fatte e da fare.

Grazie ad Agnese per aver sopportato la fatica di mille giorni e grazie per come ha splendidamente rappresentato il nostro paese. Grazie ai miei figli e grazie anche a tutti voi, anche se ringraziare i giornalisti alla fine è quasi una cosa impossibile. Sono stati mille giorni che sono volati. Ora per me è il tempo di rimettersi in cammino, ma vi chiedo nell’era della postverità, nell’era in cui in tanti nascondono quella che è la realtà dei fatti, di essere fedeli e degni interpreti della missione importante che voi avete e per la vostra laica vocazione.

Viva l’Italia, in bocca al lupo a tutti noi

 

N°88  lunedì 5 dicembre 2016