Election day in Usa: gli americani scelgono il presidente per i prossimi quattro anni. Si è sostenuto in dottrina che il capo di stato nordamericano è l’unico sovrano assoluto, dotato dei più ampi poteri, con la sola differenza rispetto a quelli tradizionali di essere a tempo determinato. In realtà i suoi poteri sono mitigati dal congresso cui compete la funzione legislativa. Esso si compone della camera dei rappresentanti e del senato e nella stessa tornata presidenziale verrà rinnovato per intero nella prima camera e per un terzo nella seconda. L’esito di queste votazioni appare incerto e i sondaggi devono superare la verifica nei fatti.
Hillary Diane Rodham Clinton, classe 1947 (26 ottobre), promette che si impegnerà a migliorare le condizioni economiche e lavorative della classe media americana, che ha bisogno di maggiore crescita e maggiore correttezza. Il suo programma può così sintetizzarsi: uguaglianza sociale; parità dei diritti delle donne di colore; investimenti in infrastrutture, energia pulita, ricerca scientifica; agevolazioni per i piccoli imprenditori; riforma fiscale che stimoli gli investimenti. Sì alle nozze gay e all’energia pulita, anche mediante incentivi fiscali e premi per le comunità che adottino fonti rinnovabili.
Donald John Trump, classe 1946 (14 giugno), promette di rendere di nuovo l’America competitiva a livello globale. Per raggiungere l’obiettivo anticipa questi punti: agevolazioni fiscali e riduzioni per la classe media; condono per un rientro dei capitali dall’estero; diminuzione del debito e del deficit; aumento dei posti di lavoro e crescita economica: a tale proposito il contratto con gli americani prefigura la creazione di venticinque milioni di posti di lavoro in dieci anni mediante una crescita del pil intorno al quattro per cento. Quanto al commercio internazionale, l’impostazione è protezionistica.
N°61 martedì 8 novembre 2016
