Fumo, corpi a terra stesi sulle banchine, le lamiere dei convogli divelte dall’esplosione: queste sono le prime tragiche immagini arrivate da San Pietroburgo dopo la deflagrazione di una bomba avvenuta ieri intorno alle 14,40 locali. La bomba si trovava all’interno di un vagone sulla linea blu della metro tra la stazione di Sennaya Ploshchad e quella di Teknologicheskiy Institut. Un altro ordigno inesploso è stato ritrovato nella stazione di Ploshchad Vosstaniya. Un primo bilancio parla di almeno 14 vittime e circa 50 feriti, tra cui risulterebbero anche dei bambini. A causare l’esplosione sono stati degli ordigni artigianali con circa 200-300 grammi di tritolo secondo le prime ricostruzioni. Tutte le stazioni della metro sono state chiuse. L’attentato non è stato ancora rivendicato e il presidente Putin ha affermato che nessuna pista è esclusa, «neppure quella terroristica». Per ora sarebbero due le persone ricercate. Secondo i media russi, inoltre, in un filmato si vedrebbe quello che sembra il probabile attentatore. La pista islamica è quella più accreditata: anche in passato l’Isis avrebbe minacciato un contrattacco alla dura politica del Cremlino in Siria; oppure la pista terrorista del jihadismo caucasico, considerato un fronte caldo interno. L’attentato si verifica dopo le gravi tensioni antigovernative a cui sono seguite, solo pochi giorni fa, contestazioni di piazza contro il presidente Putin. Forse non è un caso che oggi Putin si trovasse proprio nei pressi di San Pietroburgo per incontrare il presidente bielorusso Lukashenko. Gli scenari che si aprono sono molteplici riguardo la matrice dell’attentato; ma la domanda principale è: minaccia interna o esterna?
Clarissa Bottacci
N°205 martedì 4 aprile 2017