Questa settimana la scrittrice Leila Slimani è diventata la prima donna marocchina a vincere il prestigioso premio Goncourt per il suo romanzo Canzone dolce, che in poco più di duecento pagine racconta un infanticidio avvenuto a New York ad opera di una baby sitter. «Il bambino è morto. Ci sono voluti pochi secondi. Il medico ha assicurato che lui non ha sofferto»: questo il crudo incipit di una narrazione condotta con frasi secche e agghiaccianti; ma l’attenzione è concentrata sulla situazione psicologica di molte ragazze straniere che stentano a riconoscersi quali componenti di famiglie cui sono estranee.
Nata a Rabat nel 1981, Leila Slimani giunge in Francia all’età di diciassette anni per proseguire gli studi. La sua carriera giornalistica e letteraria si svolge all’Express e da Gallimard. Il suo romanzo Nel giardino dell’orco, distribuito in libreria nel 2014, ha riscosso un notevole successo anche in Marocco, ma l’autrice confessa che la storia ha funzionato bene perché l’eroina era francese; se fosse stata maghrebina, aggiunge astutamente, sarebbe stato un disastro.
La notizia non è tanto nella performance letteraria di Slimani quanto nel suo rinnovato impegno a difesa delle donne. In una intervista radiofonica a France Inter ha affrontato con toni aspramente critici il tema del rispetto dei diritti umani nel suo paese di origine, invitando le donne a ribellarsi contro leggi medievali imposte con umiliazione e abuso di potere.
Lo spunto nasce dalla vicenda di due ragazze adolescenti arrestate e sottoposte a processo con l’accusa di omosessualità dopo essere state sorprese in uno scambio di effusioni: rischiano una condanna da sei mesi a tre anni. In una dichiarazione congiunta di una ventina di gruppi per i diritti umani si afferma che le due ragazze, indicate con i nomi di Sanaa e Hajar, sono state trattenute per tre giorni dalla polizia e lasciate senza cibo; poi sarebbero state gravemente picchiate dalle proprie famiglie. Slimani sostiene che una donna non dovrebbe essere considerata né come madre, né sorella, né moglie, ma come una donna e in quanto tale titolare di propri diritti. In effetti il paese nordafricano, diviso tra conservatorismo religioso e apertura occidentale, nel corso degli ultimi anni è stato al centro di una serie di controversie su questioni morali.
N° 58 sabato 5 novembre 2016