Alle fondate motivazioni già addotte sulle annuali commemorazioni della scomparsa di Alcide de Gasperi promosse dal Centro studi sociali di Pesaro intitolato allo statista trentino, scomparso 66 anni fa, se ne aggiunge un’altra, rilevantissima, che emerge da una recente riflessione di Ernesto Galli della Loggia sul «modo in cui la Repubblica ha costruito la sua memoria e ne ricorda gli eventi cruciali». Secondo lo studioso la «memoria è costituita da quattro segmenti: 1) assassinii di singole personalità pubbliche; 2) attentati di varia natura; 3) eventi catastrofici; 4) nodi inquietanti della nostra storia. Commemorazioni, pur doverose, ma algide e convenzionali nella loro ripetitività». E «basterebbe» – insiste Galli della Loggia – «che almeno per una volta, invece di ripetere l’eterno “bisogna far luce”, qualcuno potesse dire “su questo abbiamo fatto luce”». Ed incalza: «Che cosa mai potrà pensare del suo Paese, quale immagine potrà ricavarne, un giovane italiano che oggi giunge all’età della ragione»? Per poi proseguire: «È di fatto in questi eventi e in nessun altro che la Repubblica riconosce la sua memoria, e quindi è virtualmente ad essi che affida il suo profilo identitario. Non basta certo il ricordo del remoto, sempre più remoto, del 25 aprile a mutare di segno».
Se dunque «la memoria ufficiale della Repubblica e i suoi riti commemorativi non ricordano mai un evento con il segno più, non evocano mai un successo, qualcosa che dunque sia in grado d’ispirare alcunché di buono e di grande, abbiamo costruito di fatto una vera e propria pedagogia del negativo destinata inevitabilmente a dare scacco matto a qualsiasi buon proposito di educazione civica, di ammaestramento all’osservanza delle leggi, a qualsiasi eventuale orgoglio di appartenenza nazionale».
Ho abbondato nella citazione perché attraverso di essa viene lumeggiata la rilevanza del ricordo del «ricostruttore» Alcide de Gasperi (nella rinascita del Paese e nel ruolo internazionale dell’Italia) e di tutta la classe dirigente che condussero al «miracolo italiano». Ma vanto dell’Italia e fonte di «pedagogia positiva» sono pure i successi nella biologia, nella chimica, nell’energia nucleare, nell’aeronautica, nelle forniture energetiche, nella letteratura, nello sport, per citare alcuni casi che conferiscono spessore positivo al «profilo identitario del Paese» ma dei quali si parla assai poco.
Nel mese in cui venne a mancare, agosto, l’evidenza è su De Gasperi: la stessa presidente della Corte costituzionale Marta Cartabia ne ha rievocato il profilo in una dotta esposizione nel tradizionale evento organizzato a Pieve Tesino dalla «Fondazione Trentina Alcide De Gasperi». Per la presidente, tratto saliente dello statista: «Il realismo lungimirante perché animato da grandi ideali». Ed aggiungerei anche lo stile di vita. Tra i tanti esempi di correttezza e sobrietà in altre occasioni citati va pure menzionato il fatto che la segretaria, la figlia Maria Romana, non percepiva stipendio «perché lo Stato» (per il compito che De Gasperi assolveva) «non può retribuire due persone della stessa famiglia».
Nel commentatissimo discorso di Mario Draghi al meeting di Rimini, l’unica citazione di personalità politica è stata quella di De Gasperi e nel sottolineare che il nostro « futuro è nelle riforme anche profonde dell’esistente» , cui «occorre pensarci subito» , ha ricordato che la visione della futura democrazia italiana fu elaborata da De Gasperi fin dal 1943. La riflessione sul futuro iniziò ben prima che la guerra finisse concorrendo, ha puntualizzato l’ex governatore, all’ordinamento mondiale ed europeo che abbiamo conosciuto.
Il principale quotidiano italiano giorni fa ha parlato di «quel gigante di Fanfani» (case, rai, autosole). Integrerei con il contributo alla pace mondiale, dai rapporti con il Medio Oriente alla crisi di Cuba. La ricerca delle opinioni di personaggi tuttora vitalissimi come De Mita e Cirino Pomicino da parte dei media è frequente. E l’area democristiana è solo una parte del patrimonio nazionale. Un indifferente oblio di tutto ciò sarebbe deplorevole. Per cui, se «la decadenza italiana» – come lamenta della Loggia – «inizia anche da qui, dalla memoria, da che cosa e da come si ricorda», innanzitutto la commemorazione, tutt’altro che algida, di De Gasperi può contribuire ad una salutare «pedagogia positiva» e ad una ricostruzione più veritiera del profilo identitario della Patria.
Giorgio Girelli
Coordinatore del Centro studi sociali «Alcide De Gasperi» (Pesaro)
Nella foto: Maria Romana De Gasperi