Non sembra che nei decorsi decenni la costituzione abbia frenato lo sviluppo del paese; semmai c’è da lamentare che ad essa non si sia data completa e concreta attuazione. Le modifiche parziali non hanno intaccato l’impianto generale, che in tutta onestà ha retto alla prova delle turbolenze polemiche e ha garantito un sostanziale equilibrio tra i diversi poteri. Una provocazione allora può essere quella di suggerire una riforma radicale consistente nel ripristino integrale del testo costituzionale entrato in vigore il primo gennaio del quarantotto. Avremmo allora, per limitarci agli esempi maggiori, una camera dei deputati eletta per cinque anni e un senato per sei, con la conseguenza di trovarci a breve con le elezioni di mezzo termine come negli Stati Uniti d’America, un mandato di dodici anni per i giudici costituzionali che li allontanerebbero di più dai mutamenti del quadro politico e così via. Per non parlare dei tre livelli di autonomia costituiti da comuni, province e regioni, disciplinati dal titolo quinto che meriterebbe una rivisitazione critica approfondita e meditata oltre quanto non si sia fin qui tentato di fare.
Al di là di ogni esercitazione teorica, resta il fatto che bisognerà pronunciarsi con un sì o con un no su una legge costituzionale che risponde a esigenze largamente sentite, ma che accomuna nello stesso contesto elementi eterogenei sui quali i vantaggi sono incerti in quanto affidati alla esperienza futura ma gli inconvenienti sono visibili e prevalenti. Eppure, se si fosse voluto davvero avviare un percorso corretto, sarebbe bastato intervenire con modifiche parziali da introdurre con separati provvedimenti legislativi, alcuni dei quali avrebbero potuto ottenere la maggioranza necessaria a renderne immediata la vigenza. La semplice soppressione dell’articolo 99, per esempio, avrebbe potuto portare senza difficoltà alla abolizione del consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, che si è autoesautorato avendo presentato in quasi sessanta anni quattordici proposte di legge nessuna delle quali è giunta al traguardo della approvazione.
Il discorso diventa molto più delicato quando si osservi il meccanismo complessivo dei pesi e contrappesi tra i vari organi dello stato, in maniera che il potere sia equamente distribuito senza concederne a nessuno l’esercizio esclusivo. Sotto questo profilo il dibattito è destinato ad accendersi e l’auspicio è che l’informazione possa svilupparsi compiutamente sui contenuti della riforma in modo da assicurare la piena consapevolezza dei cittadini chiamati a pronunciarsi attraverso lo strumento della democrazia diretta.
N° 1 venerdì 9 settembre 2016
Lillo S. Bruccoleri