Congelata la crisi

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Sergio Mattarella e Matteo Renzi. Ora al centro c’è il Quirinale.

Dimissioni irrevocabili, aveva annunciato il presidente del consiglio, e dimissioni sono state. Solo che l’aggettivo è caduto e la decisione sulle prossime mosse è nelle mani del capo dello stato. Sergio Mattarella si trova per la prima volta nella sua attuale posizione a gestire una crisi di governo e intende decidere in tempi brevi ma con tutti gli approfondimenti che la situazione richiede.

Dal punto di vista formale il referendum di per sé non produce alcun effetto diretto sulla vita del governo, che ma dal punto di vista politico le dimissioni sono inevitabili da parte del presidente del consiglio che aveva di sua volontà legato la sua permanenza in carica al giudizio degli elettori chiamati a pronunciare un sì o un no. La risposta è stata netta e il no alla riforma della costituzione è diventato automaticamente un no a Matteo Renzi e alla sua compagine ministeriale.

Si ripete l’esperienza di David Cameron in Gran Bretagna, dove il popolo si era espresso a favore della Brexit che determinerà l’uscita del paese dalla Unione europea e intanto provocava l’uscita dal governo del primo ministro che aveva puntato tutta la sua carriera politica sull’esito del referendum da lui voluto senza che ve ne fossero i presupposti dell’assoluta necessità.

A Londra le cose funzionano più velocemente: il capo del partito di maggioranza viene sostituito in questa funzione e conseguentemente decade dalla carica di primo ministro cedendo il posto al successore in ambedue i ruoli. La regina  ha preso atto del subentro di Theresa May al posto di David Cameron e ha subito impresso il sigillo al nuovo assetto. Da noi è diverso: solo recentemente un segretario di partito ha cumulato questa carica con quella di presidente del consiglio.

Ricorrono in questi giorni i cento anni dalla nascita di Aldo Moro, che al momento della sua tragica fine non aveva altro incarico che quello di presidente della democrazia cristiana, dove peraltro il segretario era Benigno Zaccagnini. Alla guida del governo si era appena insediato Giulio Andreotti, che anzi ottenne l’immediata fiducia delle camere proprio in considerazione della gravità della situazione determinata dall’attacco virulento del terrorismo eversivo che colpiva al cuore dello stato.

In attesa che le cose vengano chiarite dopo il giro di consultazioni che il presidente Mattarella intende esaurire nel giro di pochi giorni la macchina dello stato prosegue il suo regolare cammino. Una nota ufficiale ha così sintetizzato la situazione: «Il presidente della repubblica ha ricevuto al palazzo del Quirinale il presidente del consiglio dei ministri, dottor Matteo Renzi. Il presidente del consiglio, a seguito dell’esito del referendum costituzionale tenutosi nella giornata di ieri, ha comunicato di non ritenere possibile la prosecuzione del mandato del governo e ha pertanto manifestato l’intento di rassegnare le dimissioni. Il presidente della repubblica, considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento».

Il prossimo passaggio è dunque quello dell’approvazione della legge di stabilità, che dovrebbe avvenire oggi senza che la esistenza del senato ne intralci in alcun modo il cammino. (lsb)

N°90  mercoledì 7 dicembre 2016