Ban Ki-moon profeta in patria

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Il segretario generale dell’Onu uscente Ban Ki-moon

Tempesta istituzionale nella Corea del sud, dove il parlamento ha messo in stato d’accusa la presidente Park Geun-hye. I poteri sono stati trasferiti ad interim al primo ministro Hwang Kyo-ahn, insediato al governo proprio grazie alla Park che poche settimane fa con una operazione di rimpasto cercava di placare il malcontento per le rivelazioni sulla Rasputin coreana. Lo scandalo che per ora sta travolgendo il capo dello stato è sorto a causa dei condizionamenti che avrebbe subito ad opera della sua confidente e amica Choi Soon-sil. Costei, senza avere alcun titolo ufficiale, si sarebbe ingerita negli affari pubblici esercitando una influenza che si sarebbe tradotta anche in pressioni sulle aziende nazionali per donazioni a organizzazioni no profit di facciata. Oltre a questo, la presidente è accusata della diffusione di informazioni confidenziali  e della indifferenza verso le trecento vittime dell’affondamento nel 2014 del traghetto Sewol.

         La sospensione della Park non è definitiva, in quanto entro centottanta giorni dovrà pronunciarsi la corte costituzionale. L’unico precedente è a suo favore, perché nel 2004 i giudici si espressero a favore dell’allora capo dello stato Roh Moo-hyun, che fu reintegrato nell’incarico dopo sessantatre giorni. La popolarità della Park è comunque scesa ai minimi storici dalla fine degli anni ottanta.

         Favorito per l’eventuale successione risulta il segretario del’Onu uscente Ban Ku-moon, che pur non apparendo dotato del necessario carisma sarebbe gradito a Pechino per la sua posizione neutrale nella vicenda nordcoreana. La Park al momento dell’elezione si era impegnata a instaurare con Pyongyang un rapporto di fiducia, ma poi non ha dato seguito alla intenzione dichiarata. Nel frattempo la distanza tra le due Coree è aumentata dopo i test nucleari condotti dal dittatore Kim Jong-un e le conseguenti sanzioni decise da Seul. Addirittura nello scorso mese di agosto si era sfiorato un vero e proprio scontro armato.

         Altri due possibili candidati alla successione sono l’avvocato Moon Jae-in del partito democratico e il centrista Ah Cheol-soo. Entrambi sono più morbidi verso il regime nordcoreano e critici sul dispiegamento nel proprio territorio del sistema antimissile statunitense Thaad, malvisto da Pechino.

         Un’ultima candidatura sarebbe quella di Lee Jae-myung, sindaco di Seougnam, chiamato il Trump sudcoreano, che aspira a emulare l’esempio del magnate statunitense.

 

N°93 sabato 10 dicembre 2016