Avvio del governo politico

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Il parlamento rumeno. L’ufficio elettorale centrale ha comunicato i risultati definitivi

La Romania, dopo le elezioni di domenica scorsa, i cui risultati sono stati ora confermati dall’ufficio elettorale centrale, avrà in parlamento sei formazioni: partito socialista democratico (Psd) con 154 deputati e 67 senatori; partito nazionale liberale (Pnl) con 69 e 13; unione salvate Romania (Usr) con 30 e 13; unione democratica dei magiari (Udmr) con 21 e 9; alleanza liberal democratica (Alde) con 20 e 9; partito movimento popolare (Pmp) con 18 e 8. Nonostante l’invito a votare, l’affluenza alle urne è stata molto bassa: poco meno del quaranta per cento degli aventi diritto, in termini assoluti 7,2 milioni su 18,2.

         Prima delle elezioni il 95 per cento degli intervistati nei sondaggi aveva dichiarato di voler cambiare classe politica ponendo al primo posto la lotta alla corruzione. Il paese però versa in condizioni molto precarie: un rumeno su quattro vive in condizioni di povertà. Questa situazione spiega perché gli elettori, chiamati a pronunciarsi, hanno preso per buone le promesse di aumenti salariali e pensionistici e di alleggerimenti fiscali.

         Resta l’esigenza di conciliare la strepitosa vittoria del leader socialdemocratico Liviu Dragnea, che ha problemi di giustizia penale (come l’ex premier Victor Ponta), con la volontà di non conferire incarichi di governo a chi si trova in queste condizioni espressa dal presidente della repubblica Klaus Johannis.

         La costituzione lascerebbe libero il capo dello stato di nominare chiunque indipendentemente dall’esito scaturito dalle urne. Dopo le consultazione potrà dunque porre fine alla esperienza del governo tecnico con ampia possibilità di scelta. Anche nell’ordinamento rumeno il ruolo del presidente si rivela essenziale specialmente nelle fasi più delicate della vita politica, tenendo conto non solo dei dati formali ma delle spinte sociali e della situazione generale.

         Anche qui si vede come, in definitiva, non vi sia tanto questione di norme di legge quanto di comportamenti concreti delle persone che danno vita alle istituzioni. Non sembra vi siano all’orizzonte iniziative di revisione costituzionale, mentre permane al primo posto l’attenzione sui problemi reali della gente. (lsb)

N°100 sabato 17 dicembre 2016