Si sono svolte le elezioni anticipate nel Kuwait dopo che il parlamento è stato sciolto a ottobre dall’emiro Sabah al Ahmad al Jaber al Sabah. La decisione era stata presa per l’insorgenza di contrasti tra i deputati e il governo: in particolare, erano state sottoscritte tre interrogazioni dirette ai ministri per approfondire le ragioni del recente aumento dei prezzi del petrolio e per ottenere notizie su possibili violazioni finanziarie e amministrative. I risultati hanno premiato le opposizioni islamiste, nazionaliste e liberali che hanno sfiorato la vittoria essendosi aggiudicati 24 seggi su 50. L’assemblea ha solo poteri consultivi e tuttavia la monarchia costituzionale consente un temperamento dell’azione del governo attraverso il controllo parlamentare.
I deputati possono bloccare in determinati casi le leggi sottoscritte dai ministri e in questo modo sono in condizione di influenzare le decisioni dell’emiro al quale soltanto spetta la nomina del governo. Ma l’aspetto più interessante in questa area geopolitica è costituito dal riconoscimento del voto femminile conquistato nel 2005. Nel complesso solo il 30 per cento dei 4,4 milioni di abitanti ha lo status di cittadino, per cui i maggiorenni con diritto di voto sono solo una minoranza.
Le precedenti elezioni si erano svolte nel 2013, ma l’anno prima gli elettori erano stati chiamati alle urne due volte: a febbraio e a dicembre. Nel frattempo l’emiro aveva fatto modificare la legge elettorale, attenuando il contrasto al fenomeno della compravendita dei voti e riducendo il peso dei legami tribali nella scelta dei deputati. La maggioranza è comunque garantita non solo dal risultato elettorale, ma dalla appartenenza al parlamento, in aggiunta ai deputati elettivi, di quindici ministri che ne fanno parte di diritto in quanto membri della famiglia reale.
N°81 lunedì 28 novembre 2016