C’è qualcosa di perverso nella logica delle motivazioni addotte per giustificare alcuni cambiamenti nelle strategie della campagna vaccinale: in nome del quoziente rischio-benefici si è deciso in questi giorni che le persone a maggior rischio di forme gravi e mortali da Covid-19, cioè gli over 60, debbano essere sottoposte a vaccinazione con il vaccino AstraZeneca che, in base a dati ancora incompleti e difficili da reperire, darebbe luogo con maggiore frequenza, rispetto agli altri vaccini, a complicazioni tromboemboliche.
Le persone a più basso rischio di complicazioni da Covid-19, cioè gli under 60, devono essere invece sottoposte a somministrazione di vaccini ugualmente efficaci, ma meno pericolosi. Si applica cioè una sorta di giustizia retributiva di antica memoria per cui chi ha la ventura o la colpa di appartenere ad una classe di età che lo espone alle più gravi complicazioni del contagio è naturale che debba essere esposto, a prescindere, ai massimi pericoli in sede di vaccinazione, anche se sarebbe possibile ottenere gli stessi risultati con altri vaccini meno pericolosi, riservati invece a coloro che per ragioni di età godono di una quasi completa esenzione dalle più gravi complicazioni da Covid-19.
Ci sembra che mai come in questo caso la questione del quoziente rischio-benefici sia stata posta così impropriamente: introdurre in sede di vaccinazione un rischio aggiuntivo, senza alcun beneficio reale per il vaccinando quanto a protezione dall’infezione, sembra un’operazione che deborda pericolosamente dalle regole e dagli obiettivi nel cui ambito dovrebbe essere presa in considerazione.
È vero infatti che le complicazioni tromboemboliche da AstraZeneca sembrerebbero meno frequenti negli over 60, ma sono state osservate anche in questo gruppo di età già esposto a pesanti rischi da Covid-19. L’incidenza trombosi più piastrinopenia sarebbe infatti su centomila casi (Fondazione Gimbe, 10 giugno 2021): over 70, 0,5; 50-69, 1; under 50, 2.
Perché allora rischiare negli over 60 queste complicazioni che possono essere evitate con l’uso di altri vaccini parimenti efficaci e, a quanto pare, privi di quegli effetti secondari?
È così difficile sostituire questo inquietante vaccino con altro che non presenti gli inconvenienti tromboembolici che hanno finora connotato l’AstraZeneca?
La questione riguarda circa tre milioni e trecentomila persone over 60 che, alla data del 13 giugno 2021, non hanno ricevuto ancora alcuna dose di vaccino (presidenza consiglio dei ministri, ministero salute, commissario straordinario Covid-19, report vaccini anticovid, 13 giugno 2021) e che, a rigore, avrebbero dovuto, e potuto, ricevere almeno la prima somministrazione nell’ambito dei circa venti milioni di dosi somministrate già alla fine di aprile 2021: invece queste classi di età alimentano ancora ogni giorno il numero, ridotto ma sempre più intollerabile, dei deceduti per Covid-19. Almeno il 90 per cento di loro, età mediana ottanta anni circa, appartiene infatti alle classi di età superiore ai sessanta anni.
Forse non sono reperibili sul mercato ulteriori dosi di vaccino Pfizer o Moderna per queste persone? O forse bisogna smaltire in qualsiasi modo qualche milione di dosi di vaccino AstraZeneka stoccate nei magazzini? Anche se ciò dovesse costarci qualche complicazione tromboembolica o qualche morto in più nelle classi di età più avanzate?
Oltre al danno, la beffa…
Girolamo Digilio
Già primario e docente di clinica pediatrica all’università La Sapienza
Da quotidianosanità.it del 14 giugno 2021
Nella foto: sede di AstraZeneca