Testa a testa tra la democratica Hillary Rodham Clinton e il repubblicano Donald Trump nella corsa alla presidenza Usa che avrà il momento culminante nelle elezioni di martedì 8 novembre. I voti per corrispondenza sono già stati consegnati e vengono espresse perplessità per il fatto che hanno preceduto la rivelazione delle indagini della Fbi che hanno indirettamente coinvolto l’ex segretario di stato. La vicenda ha sovvertito i sondaggi che davano largamente in vantaggio la Clinton rispetto a Trump, il quale si trova praticamente alla pari nelle intenzioni di voto degli americani. In precedenza Hillary Clinton era considerata la candidata più stabile e degna di fiducia, ma l’ultimo scandalo ne ha fortemente diminuito un vantaggio che era giunto addirittura al 14 per cento, mentre la rimonta di Trump lo ha rilanciato rendendo concreto un successo che prima pareva improbabile.
Lo scenario, in astratta ipotesi, potrebbe ricalcare quello vissuto sedici anni fa, quando la vittoria di George W. Bush sul vice presidente democratico uscente Al Gore fu ottenuta sul filo di cinquecento voti, dopo un mese di estenuanti conteggi e con il conforto di una decisione della corte suprema adottata a maggioranza con cinque voti contro quattro. Nello stesso giorno si vota per eleggere i 435 deputati della camera dei rappresentanti, che secondo le previsioni dovrebbe andare ai repubblicani, e il rinnovo parziale del senato con l’elezione di un terzo dei suoi componenti (trentaquattro su cento). Una dispersione di voti, che potrebbe risultare determinante, si avrà comunque per la partecipazione di decine di candidati minori, tra cui Gary Johnson per il partito libertario e Jill Stein per il partito verde.
N° 56 giovedì 3 novembre 2016