Non solo le reginette di bellezza lasciano il campo in Islanda: adesso tocca al primo ministro Sigurdur Ingi Johannsson rassegnare le dimissioni dopo il risultato delle elezioni anticipate, che hanno deluso anche il giovane partito dei pirati il cui successo è stato inferiore alle attese. Nessuno ha raggiunto la maggioranza assoluta nell’Althingi, il parlamento con 63 deputati, 32 dei quali sono dunque necessari per prevalere nei consensi. Il partito dell’indipendenza guidato dal ministro delle finanze uscente Bjarni Benediktsson resta la prima forza politica con il 29,1 per cento; segue il movimento dei verdi con il 15,8. Devono accontentarsi del 14,8 i pirati guidati dalla combattiva Birgitta Jónsdóttir, che tra l’altro ha ventilato senza convincere una nuova costituzione. A conti fatti, dovrebbe arrivare a 28 seggi, quattro in meno dei necessari, la variegata coalizione che comprende anche i socialdemocratici e futuro radioso. Possibile ago della bilancia è il nuovo partito liberalconservatore ma europeista Vidreisin (rinnovamento), che non si è ancora pronunciato se schierarsi a destra o a sinistra. Precipita da venti seggi a sette o al massimo otto il partito del progresso guidato da Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, costretto in primavera alle dimissioni da primo ministro in seguito allo scandalo Panama Papers in quanto il suo nome figurava nella lista dei grandi evasori mondiali insieme con seicento connazionali. Sembra che sia stato così raggiunto il record mondiale in rapporto alla popolazione.
N° 53 lunedì 31 ottobre 2016