Se veramente il tasso di mortalità per infezione da coronavirus fosse, come è stato annunciato da più d’uno, del 2 per cento, ciò significherebbe che una eventuale pandemia da coronavirus potrebbe provocare venti milioni di morti ogni miliardo di persone colpite, cioè circa un milione e 200.000 morti in Italia, 30 in Cina e 140 nel mondo. Per fortuna una tale disastrosa evenienza appare piuttosto improbabile, come si può inferire dalla recente esperienza della Sars (severe acute respiratory syndrome) e come fanno sperare le drastiche misure di prevenzione messe in atto, dopo qualche iniziale incertezza, dalla Cina, dove l’infezione si è manifestata, e dagli altri più importanti stati del mondo fra i quali l’Italia. Nella fattispecie solo pochissimi casi sono stati finora segnalati al di fuori della Cina e il dato del tasso di mortalità è ancora tutto da definire in quanto può essere correttamente calcolato soltanto sulla base dei dati raccolti quando l’epidemia avrà fatto interamente il suo corso.
Diffondere in una fase, come quella attuale, di piena evoluzione del processo numeri grezzi ancora non elaborati statisticamente («Quasi 500 morti, con oltre 24.000 contagi, mille i guariti») significa rimettersi alla interpretazione delle masse e fomentare panico e psicosi. Parlare di «pandemia in atto», come è stato fatto da qualche esimio studioso e da qualche avventato personaggio politico, appare un’ulteriore prova di ignoranza e di irresponsabilità di molte persone che purtroppo ricoprono ruoli importanti e delicati. La parola «pandemia» non si riferisce infatti alla presenza di singoli casi in più di una nazione, ma indica una «epidemia diffusa in intere nazioni e continenti » ( cfr., per tutti, il dizionario di Aldo Gabrielli). Questa fuga di notizie non controllate e spesso false trova peraltro una incauta e roboante risonanza in un apparato mediatico preoccupato soprattutto (quando non è manipolato a fini politici o speculativi) di colpire la fantasia e di «fare notizia» ad ogni costo.
Nel corso delle ultime settimane siamo stati così investiti da una valanga di notizie che, fra l’altro, hanno offerto il pretesto per scatenare una «caccia all’untore» degna delle più antiche tradizioni. Molto opportunamente l’Oms, Organizzazione mondiale della sanità, che ha svolto con grande rigore il ruolo che le compete, ha rilevato: «Questa epidemia è stata accompagnata da una massiccia infodemia, una sovrabbondanza di informazioni – alcune accurate e altre no – che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno».
Questa scriteriata diffusione di notizie approssimative o false, fake news o «bufale», che accentuano il disorientamento e la paura delle persone e inducono a comportamenti spesso del tutto ingiustificati, causa, a loro volta, di rilevanti danni economici, fisici e morali per la collettività , merita la massima attenzione e va contrastata con tutti i mezzi a disposizione per la salvaguardia di una informazione rispettosa della verità e di un dibattito democratico e civile.
Girolamo Digilio
Nella foto: protezione contro il virus