Si dice che nelle trincee della prima guerra mondiale sia scoppiata improvvisamente la pace: è la tregua di Natale che sarebbe avvenuta al canto di Stille Nacht da parte dei soldati tedeschi, riconosciuto dai nemici inglesi per il motivo di Silent Night. Un altro episodio si sarebbe verificato sul fronte della Carnia, questa volta grazie a un giovane siciliano che accompagnandosi con la chitarra prese a intrattenere i commilitoni intonando E vui durmiti ancora, serenata o meglio mattutina in dialetto isolano dalla dolcissima melodia. Dall’altra parte i nemici austriaci si sarebbero inteneriti e tutti insieme, accantonate le armi, avrebbero trascorso la notte della vigilia per poi tornare nelle rispettive postazioni.
Un secolo fa questi giorni erano vissuti nell’angoscioso clima di un conflitto armato che per la prima volta si era esteso su scala mondiale. Il novecento è stato pervaso da scontri bellici di inaudita crudeltà, ma non sono mai cessati focolai più o meno virulenti nelle varie zone del pianeta. Adesso si aggiungono le provocazioni terroristiche oltre ogni limite territoriale e persino i mercatini di Berlino sono diventati un obiettivo strategico con una tecnica sperimentata a Nizza provocando sempre delle vittime innocenti.
Resistono però i valori umani che sono vissuti dalle persone con immutata intensità, allora come adesso, e che rappresentano la speranza di un avvenire finalmente affrancato dagli orrori che il tempo presente infligge non diversamente da quello passato.
Natale simboleggia l’anelito generale alla pace e al trionfo dei buoni sentimenti, ma soffre della persistente precarietà delle petizioni rituali destinate a stemperarsi nella indifferenza del giorno dopo e nello spietato dispiegarsi senza esclusione di colpi degli interessi contrapposti sul fronte economico, politico e – ahimè – bellico.
Ogni riflessione rischia così di acquisire un carattere retorico, ma l’ispirazione è profonda ed esprime la volontà di negarsi alla rassegnazione che la natura umana debba necessariamente rivelarsi cattiva. C’è da pensare che la speranza possa mantenere intatto il proprio candore fino a quando ci sarà qualcuno capace di commuoversi come quei soldati di cento anni fa affratellati dalle stesse note musicali.
Lillo S. Bruccoleri
N°107 sabato 24 dicembre 2016